Questo testo è la trascrizione parziale dell’intervista a Adriana Papagna condotta durante l’incontro online del giorno 26 giugno 2020. L’intervista è stata realizzata a seguito della visita di Adriana a 4 musei del Sistema Museale di Ateneo di Pisa, coinvolti nel progetto “So Distant. Incredibly Close”: ovvero la Gipsoteca di Arte Antica, Il Museo degli Strumenti per il Calcolo, Il Museo di Storia Naturale e il Museo e Orto Botanico.
Oltre a Adriana Papagna, hanno partecipato all’intervista: Alice Milani (fumettista), Marzia Cerrai (Fondazione Sistema Toscana), Ketty Di Pasquale (Associazione Casa della Donna).
L’incontro è stato condotto e facilitato da Adriana De Cesare (Fondazione Sistema Toscana).
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Adriana De Cesare: Quale museo ricordi meglio? Quale ti è rimasto più impresso di quelli che hai visitato?
Adriana Papagna: Mi ricordo benissimo di tutti e tre. È difficile dire in una parola sola. L’impronta è a diversi livelli.
Per carattere personale mio, sono sempre stata molto più per la scienza. Ho sviluppato molto di più la parte scientifica che non la parte artistica.
La mostra Hello World! (ndr.: si tratta della mostra temporanea organizzata dal Museo degli Strumenti per il Calcolo) ci fa vedere il progresso che ha fatto l’uomo, anche se secondo me avrebbe dovuto cominciare con l’abaco, perché si tratta di numeri in fondo: dai primi numeri poi man mano fino a arrivare al computer.
Ma poi in realtà anche per quanto riguarda la produzione italiana, diciamo che la mia famiglia in Brasile ci ha campato su questo. Allora, un mio zio aveva una casa molto grande, che era fatta di legno. Avevano trasformato la parte sulla strada in una officina di assistenza tecnica, prima elettrica e poi per pezzi elettronici. Per cui mi sono ricordata di quando entravo lì. Quando le domeniche si andava a visitare lo zio, io passavo per i corridoi, per questi scaffali strapieni di tutto. Dove c’erano anche i calcolatori, le calcolatrici, le casse per i vari negozi.
Perché loro montavano, smontavano, riparavano. Tutto quello che c’era di elettrico e elettronico era affare loro. Non solo mio zio, ma anche i suoi figli, i miei due cugini.
Poi un altro mio zio, dopo aver vissuto negli Stati Uniti per un periodo di tempo, ha aperto un negozio suo al rientro in Brasile, dove faceva l’assistenza tecnica delle macchine da scrivere manuali e delle calcolatrici. Più tardi mio padre è diventato socio di questo negozio e più tardi ancora un altro mio zio è entrato nella società.
Per cui la Olivetti e la IBM ci hanno fatto mangiare, ci hanno fatto crescere e ci hanno mandato a scuola, perché i soldi venivano da lì!
Per cui vedere la mostra certamente mi ha fatto ricordare parte della mia vita. Anche perché nel negozio ero abituata a entrare e vedere.
Nel negozio si poteva entrare e si guardava e si vedeva tutto quello che c’era. Per cui anche le novità, gli ultimi arrivi, come le calcolatrici tascabili… che erano più grandi di quelle di adesso.
ADC.: Quale è il primo oggetto tecnologico che hai usato? Che era proprio tuo e che eri orgogliosa di aver usato?
AP.: Una calcolatrice di quelle piccole. Non mi aiutava per i compiti perché non era permesso.
ADC.: Il computer lo hai avuto presto o hai dovuto aspettare?
AP.: No, il computer vero e proprio l’ho avuto solo qui in Italia. Io sono arrivata in Italia nell’89.
Sì perché nel frattempo il negozio di mio padre è chiuso. Ai tempi di mio padre e mio zio non si lavorava con il computer. Erano macchine da scrivere anche elettriche, calcolatori, macchine per ufficio.
Quando poi è arrivato il computer giù (in Brasile) mio padre e mio zio pensavano di chiudere e andare in pensione.
L’ultimo zio che era entrato in società ha proseguito con la vendita di computer e adesso fa anche programmazione.
ADC.: Di quale città del Brasile sei?
AP.: Curitiba, capitale del Paranà
ADC.: Di tutto quello che hai visto alla mostra di Hello World! cosa ti è rimasto più impresso?
AP.: Quello che mi ha colpito di più è stato l’allunaggio.
Peccato che non c’era tempo e spazio, altrimenti sarei andata ovunque e avrei fatto dei “rigirii” pazzeschi. L’avrei esplorato molto di più! Anche se sono rimasta parecchio con i visori.
Quando c’è stato il vero allunaggio io vivevo negli Stati Uniti e l’ho visto da lì
Io me lo ricordo, l'ho visto in TV! All'epoca vivevamo a Chicago.
Ketty: A me del discorso che ha fatto Adriana mi ha affascinato l’immagine di una bambina che guarda il mondo dei grandi attraverso gli apparecchi elettronici. Che è un’immagine un po’ particolare. Io mi ricordo che quando ero piccola e andavo a vedere il luogo del lavoro di mio padre questo era un luogo di libri, perché mio padre faceva il segretario alla Domus Galilaeana (ndr.: istituzione culturale di Pisa che ospita una biblioteca specializzata in storia della scienza). Quindi era un un palazzo antico dove c’erano libri e manoscritti, ma sicuramente non cose elettroniche, anche perché ho una certa età.
Però, al di là di questo, il mondo degli adulti come mondo magico di macchine, è un’immagine interessante.