Questo testo è la trascrizione dell’intervista a Abdoulie Jarju condotta durante l’incontro del giorno 17 giugno 2020. L’intervista è stata realizzata a seguito della visita di Abdoulie a 4 musei del Sistema Museale di Ateneo di Pisa, coinvolti nel progetto “So Distant. Incredibly Close”: ovvero la Gipsoteca di Arte Antica, Il Museo degli Strumenti per il Calcolo, Il Museo di Storia Naturale e il Museo e Orto Botanico.
Oltre a Abdoulie, hanno partecipato all’intervista: Alice Milani (fumettista), Adriana De Cesare e Marzia Cerrai (Fondazione Sistema Toscana).
L’incontro è stato condotto e facilitato da Paola Bolelli (Associazione no profit ORISS).
Alcune parti dell’intervista potrebbero essere state rimosse dalla redattrice nel rispetto della privacy delle persone coinvolte. Nell’intervista originale alcune parti sono in inglese, qui tradotte per praticità.
Paola: Ti ricordi i musei che hai visitato? Quale ti è piaciuto di più?
Abdoulie: Il museo degli animali (ndr.: il Museo di storia naturale)
P.: Ti ricordi in particolare qualcosa? Cosa ti è rimasto più in mente?
A.: Mi ricordo come questo animale cambia la sua evoluzione, da animale terrestre a pesce/balena/delfino
P.: Era un delfino. In Gambia si vedono i delfini?
A.: Sì, io l’ho visto soltanto una volta.
P.: Da terra o dalla barca l’hai visto?
A.: Da terra, una domenica quando siamo andati al mare. È stato lì che abbiamo visto i delfini.
P.: Anni fa c’era un delfino qui a Pisa, nel fiume.
A.: Bello
Ndr.: Mostriamo la foto dell’immagine che Abdoulie ricorda aver visto al museo. Abdoulie dice che somiglia a un coccodrillo. Adriana chiede ad Abdoulie di raccontare la storia del coccodrillo che ci aveva raccontato durante la visita al Museo di Storia Naturale.
A.: Ci sono molti coccodrilli in Gambia, a Bakau c'è un sito con coccodrilli sacri, ci si può camminare in mezzo e non ti mordono, perché sono abituati a mangiare pesce.
Il sito sacro si chiama Kachikally.
Alice: Cacicavalli?
A.: No, Kachikally!
Alice: Coccodrilli?
A.: In Gambia crediamo che sia un posto sacro, questo. Ma al momento non ricordo perché...
Alice: Ed è un posto antico?
A.: Molto, è davvero antico. Prima che gli inglesi arrivassero, sicuramente.
Paola: E quindi ci sono questi coccodrilli che non mangiano carne ma solo pesce. E quindi tu ci puoi camminare nel mezzo e non ti mordono. Ci cammini proprio nel mezzo.
A.: Io ci sono stato tante volte. Ho vissuto in Bakau per 2 anni, con i miei fratelli.
P.: Quando sono stata lì ero davvero spaventata (ndr.: Paola, la mediatrice culturale, ha visitato questo luogo).
A.: Sì immagino. Ci sono vari posti dove vedere i coccodrilli. Per esempio c’è un luogo dove, se vedi i coccodrilli vuol dire che sei fortunato. Non sono dei coccodrilli normali. Sono dei coccodrilli bianchi. E se li vedi puoi esprimere un desiderio. Qualcuno ad esempio prega per un problema e ottiene quello che vuole. Solo se li vede però. Le donne vanno lì se non riescono a rimanere incinte. In Gambia ci sono un sacco di posti come questo.
P.: Che tipo di posto è questo? Una foresta, un bosco?
A.: È nella mia città/villaggio. È da dove i miei genitori vengono. Le persone credono in queste cose, al di là della religione. Ad esempio tutta la mia famiglia è cristiana, anche adesso. E loro pregano vicino a questo albero, questo luogo sacro della tradizione e della nostra cultura (ndr.: Abdoulie è musulmano).
P.: E i musulmani accettano oppure danno problemi?
A.: Alcuni sì, altri hanno problemi. Ma comunque questa è una pratica che deriva dalla nostra tradizione. È la nostra cultura.
P.: In Gambia c’è un museo, dove ci sono i coccodrilli sacri, che mostra antichi riti di iniziazione. Quando arrivai in Gambia vidi questo sulla strada, un ballo con persone dietro al seguito (credo fosse una persona con una maschera).
A.: È collegato con la circoncisione. Quando fanno la circoncisione si pensa che alcuni ragazzi possono essere posseduti dai demoni e questa maschera può proteggerti...
P.: Chi decide chi deve indossare la maschera?
A.: Io no (ndr.: non posso indossarla). Ci sono persone però che hanno il potere di indossarla.
P.: Si tratta dei guaritori. Spesso sono bambini. C’è l’esempio di questo bambino che sparisce per mesi. Il bambino è stato rapito dagli spiriti che gli hanno insegnato come diventare guaritore. Queste persone che hanno il potere di guarire e di proteggere, in questi tempi di coronavirus, come si stanno comportando?
A.: Loro si affidano alla medicina tradizionale. Usano questi alberi e queste radici o foglie e cortecce. Mio nonno fa questo.
P.: Qual è il maggior problema sanitario in Gambia?
A.: La malaria. Qualche volta puoi vedere che è pieno di famiglie che sono state colpite dalla malaria. E questa malaria, alcune volte, viene curata con la bollitura delle foglie di banana. Tu poi bevi l’infuso. Prima che avessimo i tablet noi credevamo nelle erbe.
P.: Sì ma non le prepari tu da solo. Ci sono persone che sono incaricate di farlo. Si tratta di persone speciali. Conosco molti ragazzi che prima di iniziare il viaggio per l’Europa vanno da persone specifiche per farsi augurare “buon viaggio”. Una sorta di rituale.
A.: Sì, alcune persone vanno da questi Marabutti. Io non credo molto in questi.
P.: Ne conosci qualcuno? Ci sono alcuni che sono bravi e altri no?
A.: Sì, sì.
P.: E tuo padre e tua madre ti hanno consigliato qualcosa prima di partire?
A.: No.
P.: Dal Gambia sei andato direttamente in Senegal?
A.: Sì.
P.: Perché tua madre ora vive in Senegal?
A.: Sì.
P.: Ok, torniamo ai musei. Per esempio, nei musei che hai visto, quello dei computer o quello degli animali, se dovessi pensare di tornare a casa tua in Gambia, cosa porteresti di questi musei? Anzi, facciamo al contrario. Cosa porteresti del Gambia qui da noi, per arricchire i nostri musei? Cosa manca nei nostri musei?
A.: Delle storie...la nostra cultura crede in queste….tipo...conosci il vino? In Gambia noi facciamo vino bianco che prendiamo sugli alberi...mio padre fa questo…..
Invece mio nonno paterno faceva il raccoglitore di succo di palma, e anche mio padre.
È un lavoro molto duro, ci si deve arrampicare sulle palme e infilare una cannuccia nel tronco. Si lascia un contenitore di coccio appeso sotto alla cannuccia e al mattino seguente si trova il nettare di palma. È molto dolce.
P.: Ci sono storie sulle donne? Perché in questo posto (ndr.: in Gambia), solo le donne possono andare per fare delle celebrazioni per il periodo delle mestruazioni. E loro stanno dei giorni solo tra donne.
A.: Sì, sì, qualche volta capitano dei giorni, giorni speciali, che solo le donne possono uscire. Agli uomini è proibito. Le donne si incontrano nella città, di notte. Chiaramente non so cosa fanno perché io resto dentro (ndr.: ride).
P.: In Gambia di solito, quando una donna resta incinta, cosa capita? Per esempio so che in altri posti, quando nasce il bambino, per qualche giorno, le donne restano separate dagli uomini. Restano sole con il bambino e altre donne della famiglia. In Gambia è lo stesso?
A.: Sì succede anche da me. Si pensa che se tu vedi il sangue delle donne ti ammali, avrai una malattia. In Africa quando un bambino nasce si aspetta una settimana per fare una cerimonia. E le donne stanno in questa stanza speciale dove nessun altro può entrare.
P.: Penso che possiamo imparare tante cose dall’Africa e questo è molto importante. E noi qui invece abbiamo perso tante cose rispetto alla nostra tradizione e gli africani, in questo, possono insegnarci a gestire meglio, più lentamente, il cambiamento. In Gambia date subito un nome al neonato?
A.: Non subito. Dopo sette giorni. E se ad esempio io avessi un figlio lo chiamerei col nome del mio amico. Funziona così.
P.: Come è in Gambia riguardo la famiglia della madre e del padre? Tutti possono sposarsi senza problemi? O ci sono differenti tipi di famiglia?
A.: Tipo io ho una madre, un padre, delle sorelle. Loro sono mie sorelle che non posso sposare. Però se un uomo ha due mogli, e questo ha un maschio con una donna e una femmina con l’altra, questi si possono sposare. Perché hanno lo stesso padre, ma madri diverse.
P.: Ma per esempio i Mandingo (ndr.: gruppo etnico) possono sposare altre persone?
A.: Sì, sì, non ci sono problemi.
P.: Anche se hanno altre religioni?
A.: Sì
P.: Ma qualcuno deve abbandonare la propria religione? O no?
A.: Ad esempio se un uomo musulmano sposa una cristiana e hanno un bambino lui è musulmano. La donna invece resta cristiana. Se vuole.
P.: Da quel che vedo il Gambia è davvero è un paese con la mentalità aperta.
A.: Gambia è molto miscelato
P.: In Senegal sono molto più rigidi. In Gambia respiri proprio questa libertà (che si possono sposare tra diverse etnie, ecc..).
A.: In Gambia tutti i miei amici sono cristiani, e quando vai in un posto a qualcuno di loro piace bere vino e altri musulmani invece bevono solo succo. Ma stanno tutti vicini l’uno con l’altro, senza problemi.
P.: Sì è vero. Quando passi dal Senegal al Gambia senti proprio qualcosa di differente. Ti senti libero. Il Gambia ad esempio è pulito. In Senegal c’è tanta immondizia per strada, plastica dappertutto ecc. Quando passi il confine vedi proprio un cambiamento evidente.
A.: In Gambia l’ultima settimana di ogni mese tutti puliscono.
P.: Pensa che per comprare il cibo loro non usano buste di plastica. I senegalesi invece sono molto strutturati. In Gambia sembra quasi di essere in Giamaica. Le donne sono molto più rispettate ad esempio.